domenica 12 novembre 2017

Il recupero del paesaggio appennino passa anche attraverso la riscoperta della mela rosa romana e della pera ossa. Convegno a Grizzana Morandi.

Si approfondisce e si concretizza la ricerca sul recupero e le prospettive di valorizzazione della mela 'rosa romana' nell'Appennino bolognese. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Bologna, guidato dal professor Saverio Sansavini, ordinario di frutticoltura, farà anche una parte di indagine attraverso il DNA delle piante per capirne persino la struttura e individuarne le specie e le loro diversità. Se ne è parlato a Grizzana Morandi in un convegno che attraverso 'cultura, arte e paesaggio', ha preso in esame la presenza dei frutti tipici di questa parte dell'Appennino che erano andati dimenticati e ora si stanno riscoprendo. 
Ha introdotto i relatori il sindaco di Grizzana, Graziella Leoni ( al microfono nella foto), che ha voluto sottolineare come il territorio grizzanese sia riuscito, per le sue peculiarità, ad affascinare molti artisti tra cui il grande Giorgio Morandi che definì, quello grizzanese “ il paesaggio più bello del mondo”. Il sindaco ha fatto notare come il primo incontro dell'artista con Grizzana sia avvenuto nel 1913 quando il paesaggio era fortemente caratterizzato da una agricoltura vivace e molto attiva. C'erano allora molte viti e molti alberi da frutto. “ Un paesaggio rurale, semplice, contadino che va rivalorizzato perchè fa parte della nostra cultura”, ha detto la Leoni. Il sindaco ha poi voluto dare corpo a questo impegno preannunciando la nascita, vicino al Campiaro, di un centro specifico che possa raccontare l'importanza dell'Appennino, con un percorso didattico che preveda anche la piantumazione di specie della tradizione, quali ad esempio la 'pera ossa', frutto quasi estinto perchè molto sodo, quindi poco masticabile, ma più che eccellente se mangiato cucinato.

Il professor Sansavini ( nella foto)  ha illustrato diffusamente i risultati del lungo studio svolto dal suo gruppo sulla rosa romana dando anche diversi spunti sui possibili sbocchi, anche economici, che la coltivazione di questa mela può portare alla economia montana. Dopo aver ricordato che, mentre agli inizi del '900 questa specie costituiva il 25 % delle mele della provincia di Bologna, e che la sua presenza si è andata via via riducendo fino allo 0,2 % degli anni sessanta, ha rimarcato che la capacità produttiva dell'Appennino sarebbe rilevante soprattutto sotto il profilo qualitativo. 
Ha quindi ricordato l'importanza della costituzione di un consorzio che possa affrontare in modo organico problemi quali, la registrazione di un marchio, la programmazione degli investimenti, la individuazione delle aree vocate, i piani di marketing, l'individuazione dei possibili aiuti economici assistenziali, le programmazioni sull'utilizzo, anche attraverso la trasformazione in succo, le modalità di vendita, i possibili contatti con l'Università, la programmazione di un piano di filiera. Tutto ciò è già stato fatto in Italia da consorzi, come quello delle mele del Trentino e della mela annurca della Campania.

Hanno concluso il convegno gli interventi di altri studiosi ed esperti, fra i quali il professore grizzanese, Dario Mingarelli. 



 

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