sabato 21 maggio 2016

Il 'marrone biondo' dell'Appennino bolognese è salvo.

La 'vespa cinese' non più il 'flagello d'oriente' del castagneto. Il suo numero è fortemente ridimensionato con grande soddisfazione dei castanicoltori che quest'anno guardano la chioma dei loro castagni di un bel verde vivo e luccicante, con le foglie libere da ogni presenza inopportuna. 

Il cuore ne ricava un gran sollievo e se le stagioni che porteranno al prossimo ottobre vorranno completare l'opera con una 'bella bagnata' il 14 settembre ( data che la tradizione popolare indica come la migliore per un buon raccolto di castagne), sarà un autunno molto bello, all'altezza della migliore tradizione produttiva dell'Appenino bolognese. Il dato è stato confermato al convegno tenutosi a Pianoro, in cui sono state date altre interessanti informazioni. Il castagno è una pianta fortissima che difficilmente muore. Ha superato crisi ritenute tali da annullarne la presenza come il mal dell'inchiostro che ha devastato i castagneti nella metà dell'800 seccando le numerosissime piante colpite. Ci si è accorti che il ceppo comunque resisteva e riproduceva nuovi getti. Ha superato la crisi del 'cancro corticale' della metà del secolo scorso e ora pare ormai relegata a un mero passato l'attacco più che impattante della vespa cinese. L'insetto continuerà ad esserci in numero maggiore o minore in base alle annate, ma non sarà più tale da pregiudicare la produzione castanicola. Dall'incontro sono giunte anche altre singolari informazioni. L'Italia ha una produzione castanicola molto inferiore alla sua esigenza (il suo patrimonio è di circa 800.000 ettari di castagneto di cui circa la metà abbandonati) ed è però la principale esportatrice del mondo di prodotti ricavati dal marrone. E' quindi costretta a importare grandi quantità di prodotto, lavorarlo per poi esportarlo. Tra i fornitori, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, la Turchia e l'immancabile Cina. Persino l'Albania, che fino a pochi anni fa non conosceva il castagno, è divenuta una fornitrice dell'Italia. Queste nazioni sono impegnate da tempo in consistenti riconversioni di terreno a castagneto, utilizzando nuovi assetti d'impianto, moderni e razionali. All'appuntamento con l'industria di trasformazione mancano solo i produttori italiani, coloro che troverebbero una facilissima e comoda collocazione del prodotto.

Tra i relatori del convegno, il presidente del consorzio castanicoltori Renzo Panzacchi. Con il presidente, gli studenti dell'Istituto Scabbi di Loiano che hanno riferito della loro esperienza 'sul campo' finalizzata alla produzione e all'allevamento dell'insetto antagonista della vespa cinese, tenuta in uno spazio ideale a Loiano, che ha permesso di inseminare dell'ammazza-vespa molti appezzamenti fruttiferi del bolognese. La vespa cinese, sconosciuta in Europa fino a pochi anni fa, non ha in Italia competitori in natura.

Preoccupanti i dati riferiti dagli esperti. Le aziende in montagna e in collina chiudono, anche se le risorse per rilanciare l'attività agricola sono presenti e incoraggianti. Ciò in netta controtendenza rispetto ai rilevamenti generali che vedono un interessante ritorno all'agricoltura delle giovani generazioni.

Tema questo, dell'abbandono dell'agricoltura in montagna, di cui stranamente non si parla molto. Si assiste al continuo abbandono, ci si straccia le vesti perchè questo abbandono avviene, ma nessuno ne indaga le ragioni e tanto meno affronta una possibile soluzione.
Un vecchio adagio bolognese recita, ' Qual ch' as vol a ne' mai trop (quello che si desidera non è mai troppo)' e pare proprio che l'abbandono sia persino desiderato. 



La presentazione del progetto
 

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